PSICOTERAPIA COGNITIVO COMPORTAMENTALE – LE TECNICHE
Le tecniche della psicoterapia cognitivo-comportamentale sono sia quelle ereditate dagli psicoterapeuti di orientamento comportamentale (comportamentismo), sia quelle sviluppate successivamente dai cognitivisti. Ne descrivo, separatamente, alcune di queste tecniche per aiutare a sviluppare un’idea più concreta dell’approccio.
Tecniche direttive e strutturate
Una importante caratteristica, che accomuna tutte le tecniche cognitive e comportamentali, è quella di essere interventi “strutturati” e “direttivi”. In collaborazione con il paziente, infatti, ogni seduta è strutturata definendone all’inizio gli argomenti da trattare; allo stesso modo sono previsti e pianificati eventuali esercitazioni e compiti da eseguire tra una seduta e l’altra. Abbiamo quindi una programmazione delle attività, l’assegnazione dei compiti graduali e l’uso del diario per registrare la modificazione dei pensieri.
MODELLO COMPORTAMENTISTA
- La tecnica maggiormente usata è la “Desensibilizzazione sistematica“.
Utilizzata nel trattamento delle reazioni fobiche, si basa sul principio che non si può essere nello stesso tempo ansiosi e rilassati. Di conseguenza, se vengono sperimentati nel paziente stimoli, atti a provocare ansia, con sempre maggiore intensità, mentre però egli è in uno stato di profondo rilassamento, la reazione di rilassamento finirà col prevalere e sostituirsi alla reazione di ansia. Egli sarà, in questo senso, “desensibilizzato” allo stimolo originario, generatore di ansia.
La terapia inizia con uno o più colloqui e con la somministrazione di alcuni test della personalità, intesi soprattutto a mettere in luce le principali sorgenti di angoscia. Si esercita il paziente all’apprendimento e all’acquisizione di tecniche di rilassamento. Degli esercizi di rilassamento il paziente fa pratica sia con il terapista che a casa. Parallelamente si ricostruisce con il terapeuta una gerarchia di situazioni angoscianti (dalle più leggere alle più intense).
Nelle sedute di desensibilizzazione, dopo aver praticato il massimo livello di rilassamento, il terapista descrive le situazioni angoscianti (a partire dalla meno intensa) e il paziente vi partecipa con l’immaginazione. Ciò fino a quando la situazione di rilassamento non prevalga sulla tensione. Dopo un certo numero di sedute il paziente dovrebbe essere in grado di rappresentare gli stimoli più intensi senza che ciò generi angoscia. - Un’altra tecnica, tra le tante utilizzate dall’approccio comportamentista, è “l’allenamento al comportamento assertivo“.
È usato per superare le angosce e le inibizioni sociali e per favorire maggiori capacità di rapporto interpersonale.
Come la tecnica precedente usa il principio della inibizione reciproca, nel senso che non è possibile avere un comportamento che sia nello stesso tempo timoroso ed affermativo.
Partendo sempre dalle situazioni più facili e progressivamente verso le più difficili, il paziente viene aiutato a sviluppare maggior autocontrollo. In presenza del terapista , per es. attraverso la drammatizzazione di un ruolo o l’imitazione di un modello, il paziente apprende nuove reazioni e comportamenti. - Una terza tecnica dell’orientamento comportamentista è il “Condizionamento avversativo“:
se una risposta è seguita da dolore o da un castigo, la sua forza ne risulta indebolita.
È stata usata soprattutto per le dipendenze da alcool, disturbi dovuti da eccesso di cibo e di fumo e nei disturbi sessuali.
Come stimolo doloroso in passato è stata usata la scarica elettrica. In realtà oggi questa tecnica è una strada poco praticata e lo stimolo doloroso è stato sostituito da immagini nocive o negative (per es. un alcoolista dovrà immaginare di essere ubriaco, di sentirsi male, di essere ridicolizzato etc.).
MODELLO COGNITIVO
Come abbiamo detto, la terapia cognitiva presta attenzione al processo cognitivo che genera malessere cercando di ricostruirne un corretto funzionamento, cercando di correggere la distorsione.
Si lavora sulla base di questo modello: le credenze personali influenzano la percezione, la quale è espressa da pensieri automatici di quella specifica situazione. Questi pensieri, a loro volta, influenzano le emozioni.
Quindi abbiamo:
CREDENZA > Situazione > PENSIERO AUTOMATICO > REAZIONI (emotiva, comportamentale, fisiologica).
- Le tecniche allenano anzitutto il paziente al riconoscimento del meccanismo (pensieri automatici) che genera l’emozione negativa.
Lo psicoterapeuta lavora per individuare e fare individuare al paziente quelle convinzioni e quelle credenze distorte che alterano la percezione e condizionano l’interpretazione delle situazioni reali. La tecnica usata è anzitutto volta ad intercettare i “pensieri automatici” attraverso i quali queste false credenze viaggiano.
Per fare ciò si chiede al paziente cosa stesse pensando nel momento in cui sperimentava un’emozione o il cambiamento di essa.
Si allena cioè la persona al riconoscimento del meccanismo che genera e mantiene l’emozione negativa o la sofferenza. Per es. il pensiero automatico legato alla difficoltà di comprendere una lettura può essere “non riuscirò mai…” La credenza di base da cui questo pensiero si origina può essere “sono inadeguato”.
Una volta che il paziente è diventato capace di identificare i suoi pensieri disfunzionali può poi valutarli ed acquisire la capacità di modificarli. Questo può risultare facile per alcune persone ma può anche essere molto difficoltoso per altre persone. - Altre tecniche permettono il trattamento delle “credenze” che sono alla base dei pensieri automatici.
Dopo aver lavorato sui pensieri automatici si passa a trattare le “credenze” che generano i pensieri automatici.
Queste credenze possono essere più o meno profonde, più o meno strutturate.
La valutazione di queste credenze e la loro messa in discussione avviene gradualmente e servendosi di svariate tecniche. Queste includono:
domande alle quali il paziente è stimolato a trovare risposte che modificano l’impostazione iniziale;
esperimenti comportamentali, eseguiti dentro o fuori lo studio. Ciò che la persona si trova a verificare può non confermare ma disattendere la “credenza” che viene così indebolita a livello cognitivo;
giochi di ruolo (role-play). Si tratta di esercizi di interpretazioni di ruoli, appositamente strutturati, che facilitano la messa in discussione di alcune posizioni cognitive del paziente;
usare altre persone nella modificazione delle credenze: vedere lo stesso meccanismo proposto da altri può essere più facilmente letto correttamente che in sé stessi (per es. un’amica che non supera un esame non è per questo inadeguata) e questo passaggio può aiutare a correggere l’errore e la falsa credenza personale;
agire “come se”: non sempre la credenza deve cambiare totalmente per produrre un cambiamento nel comportamento. Anche cambiando prima il comportamento (come se ci fosse un’altra credenza alla base) produce un cambiamento e aiuta a modificare la sottostante credenza;
l’apertura del terapeuta per modificare le credenze: attraverso la sincera personale apertura il terapeuta può aiutare alcuni pazienti a prendere coscienza del problema come suo personale e non reale.
Il terapeuta incoraggia inoltre ad uscire dagli schemi rigidi e ripetitivi per sperimentarne altri alternativi.
Ciò permette di stimolare la creatività e di aprire successivamente una valutazione delle conseguenze. Possono essere assegnati compiti a casa al fine di sperimentare in vivo lo schema rivisto.
Un altro approccio molto usato è il Problem Solving.
Mentre le terapie di ristrutturazione cognitiva si occupano in gran parte di eventi problematici interiori, interni al paziente, le terapie di Problem Solving si basano principalmente sulla capacità di affrontare eventi stressanti esterni. Alcune persone possono avere difficoltà nel risolvere situazione esterne e possono trarre beneficio da istruzioni dirette, da cui imparano a specificare un problema, escogitare soluzioni, scegliere una soluzione, metterla in atto e valutare la sua efficacia. Il terapeuta può assumere un ruolo attivo nel suggerire possibili soluzioni a problemi della vita reale che il paziente ha difficoltà ad affrontare. Man mano che la terapia procede incoraggia il paziente a fare da solo il problem-solving attivo.
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