PSICOLOGIA IN ITALIA – CENNI STORICI
La nascita della psicologia scientifica in Italia viene fatta coincidere con la pubblicazione dell’opera La psicologia come scienza positiva (1870) di Roberto Ardigò. Pochi anni dopo (1873) venne dato alle stampe il lavoro di Giuseppe Sergi dal titolo Principi di psicologia; Sergi fu anche il primo, in ambito nazionale, a fondare un laboratorio di psicologia a Roma nel 1889. Ardigò e Sergi rappresentano i principali artefici della fase pionieristica della psicologia italiana. In questo stesso periodo la psicologia nasceva in Germania e nel resto del mondo; quindi l’Italia, cronologicamente parlando, non partì svantaggiata rispetto agli altri paesi, sebbene le sue condizioni sociali e culturali non fossero particolarmente favorevoli allo sviluppo della psicologia. In quegli anni vanno ricordati i contributi di Augusto Tamburini (1848-1919), gli studi sperimentali di Gabriele Buccola, i contributi di Enrico Morselli, Francesco De Sarlo, Paolo Mantegazza, Camillo Golgi. Un’altra data importante nella storia della psicologia italiana è il 1905, anno in cui la psicologia entrò ufficialmente nel mondo accademico, con l’istituzione delle prime tre cattedre universitarie a Torino, Roma e Napoli. A Torino e a Padova furono istituiti i centri di ricerca che in questo periodo consentirono alla psicologia italiana di competere con quella internazionale. Presso l’Università di Padova la ricerca psicologica ricevette un forte impulso dall’arrivo di Benussi nel 1919 interessato agli studi sulla percezione visiva, sull’ipnosi e sulla suggestione. Il suo allievo più famoso è stato Cesare Musatti.
L’avvento del fascismo segnò un periodo difficile e di arresto della crescita registrata nella seconda metà dell’Ottocento e nei primi del Novecento. Con la riforma Gentile del 1923 la psicologia fu espulsa dalle scuole di ogni ordine e grado e alla fine della seconda guerra mondiale le cattedre universitarie di psicologia erano rimaste soltanto due. Più che l’ideologia fascista agì negativamente la personale ed influente avversione di Croce e di Gentile, nei confronti della psicologia, tacciata di essere una “pseudoscienza“. Durante il regime fascista si verificarono comunque una serie di avvenimenti che ampliarono l’orizzonte culturale della psicologia italiana. Anche se in ritardo, vennero introdotte la psicologia della forma, a opera di Musatti, e la psicoanalisi, grazie ad Edoardo Weiss.
Fu negli anni Cinquanta che si assistette al “risveglio” della psicologia nazionale, grazie all’attività accademica che prese in mano le redini della ricerca. Sul versante della “psicologia del profondo”, nel 1946 fu rifondata la Società Italiana di Psicoanalisi e nel 1955 Musatti dette vita alla “Rivista di psicoanalisi”. Un secolo dopo la nascita della psicologia scientifica italiana, nel 1971 a Roma e a Padova furono attivati i primi due corsi di laurea specifici per la formazione dello psicologo.
E’ soltanto con la legge del 18 febbraio 1989, n.56, che si può parlare da un punto di vista giuridico, di un ruolo professionale per lo psicologo. Infatti dopo tante difficoltà è stata approvata la legge promossa con forza e determinazione dal senatore e psicologo Adriano Ossicini e proprio per questo conosciuta come “legge Ossicini”.
Dopo aver definito ciò che entra a far parte della professione di psicologo, la legge si preoccupa di stabilire chi possa usare certe tecniche psicologiche.
Questa stessa legge regolamenta l’attività della “psicoterapia” e istituisce l’albo degli psicologi, cioè il registro che riporta tutti i nominativi di coloro che sono autorizzati a svolgere la professione di psicologo. Tutti gli iscritti all’albo costituiscono nel loro insieme l’Ordine degli psicologi, che è a sua volta strutturato a livello regionale.
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