Dipendenze: le cause e la cura
Quando si parla di “Dipendenza” o “Dipendenze” si tende a far riferimento a rapporti negativi, dannosi, patologici.
In realtà la nostra vita è inimmaginabile senza alcuna forma di dipendenza. Pensiamo soltanto all’inizio della nostra vita… Essa poggia, si fonda indubbiamente su importanti rapporti di dipendenza. Come le gemme strettamente legate ai rami, le nostre vite sono state possibili solo grazie ai rapporti di dipendenza dalle figure genitoriali che ci hanno protetto, nutrito e messo al riparo da ogni pericolo. La nostra vita inizia pertanto con una grande dipendenza (all’inizio una “totale” dipendenza) dai genitori che ci garantiscono cure, sostegno e protezioni. Attraverso queste benefiche dipendenze acquisiamo piano piano le nostre funzioni, sviluppiamo le nostre capacità di autonomia e i sentimenti di stabilità e di sicurezza.
Ma anche il resto della nostra vita, il corso intero della nostra vita non può mai rinunciare completamente a legami e dipendenze… Le nostre manifestazioni ed espressioni personali continueranno ad essere possibili attraverso diverse forme di dipendenza. Pensiamo all’importanza dei rapporti d’amore, dei rapporti di amicizia, delle grandi e piccole passioni, del coinvolgimento piacevole e stimolante per il nostro lavoro (quando questo è possibile!)…
Allora, quando le dipendenze sono negative? Come riconoscerle?
La distinzione che mi è parsa sempre la più semplice ed affidabile è data dalla domanda : “A cosa è utile? Cosa permette alla persona? Quale beneficio ne trae la persona?”
Nelle dipendenze che io chiamo “benefiche” ogni persona deve poter trovare un “mezzo evolutivo”, il “tramite per evolvere se stessa”, per approdare cioè ad un cambiamento positivo attraverso, ad esempio, l’acquisizione di maggiori sicurezze, conoscenze, fiducia, consapevolezza etc.
Questo non accade nelle dipendenze negative, dove il comportamento è ripetitivo, fine a se stesso; il comportamento, l’atteggiamento dipendente non viene mai superato per approdare ad “altro” ma resta fisso ed immutabile; la persona non riesce a separarsene perché è come se si privasse di una parte di se stessa, come se perdesse una parte di sé.
Riconosciamo quindi la “dipendenza negativa” dal fatto che essa non è il “mezzo, veicolo” per accedere a nuove parti di Sé, per raggiungere un nuovo equilibrio/integrazione di Sé, ma è il rapporto di dipendenza stesso che diventa “parte di Sé”. Ecco allora che il modificare, perdere quel rapporto diventa internamente innaturale, difficile… come un’amputazione. Questa dinamica tende a consolidarsi e rinforzarsi con il passare del tempo perché è una condizione profondamente bloccata , senza sbocchi, che induce la persona che ne è affetta a proteggere e preservare ad ogni costo la sua modalità autodistruttiva, relazionale e/o comportamentale.
C’è una complessità grande nelle varie dipendenze negative che possiamo sviluppare nella vita. Abbiamo espressioni molto ampie di dipendenza: variano da quelle affettive a quelle comportamentali, da quelle che si esprimono come legami morbosi personali a quelle che si instaurano con sostanze, abitudini o comportamenti che diventano ripetitivi, invasivi, fuori controllo. Ci sono anche livelli diversi di dipendenza che ne determinano gravità diverse e che richiedono pertanto livelli e modalità differenziate di intervento terapeutico.